Articolo e immagini sonore di Stefania D’Egidio
Un concerto ad alto contenuto dark per la notte più terrificante dell’anno, ritmiche cupe e ossessive tra luci basse e tastiere sognanti.
E’ la notte di Halloween, tutti, folletti e streghe, sono in giro per Milano, purtroppo non nell’etere o su scope volanti, ma in auto, così capita di fare oltre un’ora di coda sul cavalcavia che da Corvetto porta a piazzale Bologna. Verso le 21.40 comincio a temere di arrivare in ritardo alla mia serata dark al Circolo Ohibò, dove si esibiranno i Girls Names per un evento targato Costello’s e Dna Concerti.
Il gruppo irlandese ha appena pubblicato il suo quinto album in studio, Stains on Silence, un lavoro travagliato, come hanno raccontato loro stessi, realizzato a più riprese, dopo l’abbandono del batterista Gib Cassidy, registrato tra lo studio Start Together di Belfast e la casa del cantante, Cathal Cully.
La formazione dunque si presenta rimaneggiata, con una new entry alla batteria; in apertura la giovane Maria Somerville, chitarra Fender Stratocaster e basi in sottofondo; di lei non so praticamente nulla, bel visino, occhi coperti dai capelli e look rigorosamente indie con jeans a vita alta e caviglie scoperte, scarpe da tennis bianche, come il dress code impone.
Melodie ambient e parole sussurrate: non è il mio genere, anche perché alle basi preferisco le persone con gli strumenti in mano, a tratti ho persino l’impressione che faccia fatica ad andare a tempo, forse tradita dall’emozione del momento, da rivalutare magari tra qualche anno.

Finalmente arriva il momento tanto atteso dei tre di Belfast (Cathal Cully alla voce, Claire Miskimmin al basso e Philip Quinn alla chitarra); si parte subito in quarta, come mi aspettavo: atmosfera profondamente noir con una sezione ritmica pesante, basso e batteria che spaccano di brutto e le luci basse che fanno il resto.
Sembra di essere tornati nell’Inghilterra dei primi anni ’80, all’epoca del post-punk, dei Joy Division, dei Siouxsie and the Banshees e, perché no, dei primi Cure.
Cully e soci si scambiano gli strumenti a seconda dei pezzi, passando dalle chitarre ai sintetizzatori e al basso con una certa nonchalance, la voce è nasale e cupa, con un cantato apparentemente sgraziato, quasi a contrastare gli sfarzi dell’elettronica, ma quello che mi colpisce di più, come vi dicevo, è la nuova batterista, di cui, perdonatemi, non sono riuscita a trovare il nome, le cui bacchette vanno giù come saette che squarciano il cielo.
Cosa desiderare di più per la notte del terrore? magari un make up alla Alice Cooper? abbiamo anche quello, con i volti attraversati da lacrime che scivolano lungo le guance.
I brani proposti son un mix tra i nuovi e i vecchi successi degli album passati, i miei preferiti, proponendo alla fine due pezzi da The New Life del 2013, quattro da Arms Around a Vision, capolavoro del 2015, non a caso trionfo di critica, e ben cinque da Stains on Silence, lavoro di qualche mese fa, il cui titolo è ispirato da una frase di Samuel Beckett, meno infuocato e dal sapore vagamente nostalgico rispetto alle fatiche precedenti.
Ritmiche veloci e chitarre graffianti che si alternano a suoni ovattati e tastiere sognanti, questa la formula vincente dei Girls Names, il tutto condito con melodie cupe e ossessive, fatta eccezione per l’insolito ottimismo del brano Koraline, il più arioso della loro produzione. Che dire della meravigliosa Desire Oscillations, con il suo arpeggino assillante e l’assolo di chitarra che fa salire a livelli altissimi la tensione emotiva in sala?
Per noi orfani di Ian Curtis, che la musica non è musica se non viene suonata nei garages o in piccoli locali di periferia, tra una birra e nuvole di fumo, una serata di Halloween rivitalizzante come una flebo di Ringer lattato!
La tracklist completa:
Drawing Lines
A Hunger Artist
Haus Proud
The Impaled Mistique
25
Malaga
Desire Oscillations
Karoline
Reticence
Hypnotic Regression
Stains on Silence
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