R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Che la pandemia e i relativi lockdowns potessero influire sulla creatività artistica, c’era da aspettarselo. È accaduto e sta accadendo nella saggistica, nel cinema, nelle arti visive, ma è accaduto massicciamente nel jazz. Ecco che dal profondo del lockdown e, forse proprio ispirato da questa strana dimensione del tempo e dello spazio, scaturisce questo Moon Day che vede Binker Golding al sax tenore e soprano, John Edwards al contrabbasso e Steve Noble alla batteria, uscito il 9 aprile scorso per l’etichetta Byrd Out e con in copertina una “tempera” originale di Binker Golding. Strumentazione basic, ma idee da vendere, a cominciare dal titolo del lavoro che fa riferimento ad una serie di articoli pubblicati dal “New York Sun” a partire dall’agosto del 1835 che, sulla scorta di notizie falsamente attribuite al più famoso astronomo del tempo John Herschel, annunciavano la scoperta di una civiltà lunare. Gli articoli andarono a formare quella che fu chiamata “The Great Moon Hoax”, ovvero “La grande burla della luna”. Bazzecole si direbbe oggi, in questi tempi cinici e spietati in cui siamo abituati a vivere, convivere e sopravvivere a/e con tutte la fake news possibili e immaginabili.

Comunque, per farla breve, questa è l’idea base di Moon Day, e secondo me, la compressione e l’isolamento dei nostri corpi e delle nostre menti ha avuto il suo peso. Dentro al disco, free jazz “in purezza”, per usare un termine enologico, con i sax di Binker Golding che la fa da padrone assoluto in tutti i pezzi, a cominciare dal primo brano (e dal primo passo sulla luna), che si intitola non a caso One Giant Step (Parts I-IV). Forse proprio perché primo pezzo e primo passo, il sax sembra titubare e portare a spasso batteria e contrabbasso. Il trio risulta essere più amalgamato nella Reflection successiva, florilegio di trilli acuti e di contorcimenti poco adatti al “Mare della Tranquillità”, ma molto, molto free. Anche in Lunar Wind è il sax a condurre le danze, con un inizio in disordinato crescendo e un finale in intimo e frastagliato calando, proprio come un vento lunare che sembra aver esaurito il suo ciclo. For S. K. Sembra essere un brano più “narrativo” e dialogante, mentre On Giant Step (part III e indicato come Laika’s Short Orbit) sembra poggiarsi su disarmonie più controllate e più bilanciate e, diciamolo, anche di più agile ascolto, pur conservando tutti i crismi del free jazz. La versione di For S. K. (Stage H.) che chiude l’album, ci regala un suono più pacificato, si potrebbe dire di minor forza di gravità, per restare in ambito lunare. Inutile chiedersi perché proprio la luna ispiri questo intenso e bel lavoro di Binker Golding, John Edwards e Steve Noble; del resto anche Giacomo Leopardi al nostro satellite aveva già rivolto, attraverso un pastore errante dell’Asia, domande e considerazioni:

…Pur tu, solinga, eterna peregrina,
che sì pensosa sei, tu forse intendi,
questo viver terreno,
il patir nostro, il sospirar, che sia;
che sia questo morir, questo supremo
scolorar del sembiante,
e perir dalla terra, e venir meno
ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
il perché delle cose, e vedi il frutto
del mattin, della sera,
del tacito, infinito andar del tempo…


Tracklist:
01. One Giant Step, Parts I-Iv
02. Reflection
03. Lunar Wind

04. For S.K.
05. One Giant Step, Part III (Laika’s Short Orbit Edit)
06. For S.K. (Stage H Edit)