R E C E N S I O N E


Recensione di Lucio Vecchio

Inner Tales è il disco d’esordio di Michele Sannelli (percussionista poliedrico classe 1992) & The Gonghers, formazione nata nelle aule del conservatorio Verdi di Milano e proseguita fuori negli anni grazie alla passione e all’amicizia che lega i giovani componenti della band. Per cercare di capire il contesto in cui si pone questo disco vale la pena di riavvolgere il nastro e ripartire dall’inizio. A cavallo fra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo la scena newyorkese era interamente occupata dall’industria discografica che venne poi ribattezzata in termini dispregiativi Tin Pan Alley. Come atto di emancipazione dalle sonorità in voga a quell’epoca si fece avanti un nuovo stile, subito etichettato come Prog Rock o Progressive Rock. L’idea era quella di dare uno spessore culturale al Rock facendolo progredire (da qui il nome) verso un genere di maggiore complessità cosi da avvicinarlo alla cosiddetta musica colta. Un cambio di paradigma che mutò la struttura dei brani trasformandoli in vere proprie suite che duravano anche quanto un intero LP (circa 40 minuti). Il Prog Rock ebbe la sua massima diffusione durante la metà degli anni settanta per poi trasformarsi e influenzare altri generi musicali. Inner Tales trae la sua ispirazione proprio dai concept album del prog rock di quegli anni (il nome stesso deriva dai Gong di Pierre Moerlen, gruppo della scena di Canterbury al quale il quintetto si è ispirato nella prima parte della carriera e tuttora presente nella propria musica), in chiave più jazz, introspettiva e moderna.

L’album, rilasciato dall’etichetta WOW Records, è composto da sette brani originali, dal sound alle volte elettrico ed esplosivo ma anche acustico e più intimo, in cui sono racchiuse le esperienze, le emozioni, i viaggi ed i personaggi che più hanno affascinato e ispirato Sannelli in diversi periodi della vita, da cinque anni a questa parte. Ogni brano è dedicato a qualcosa o a qualcuno che si è rivelato essere importante per il musicista.

Green light è il primo brano del disco. Dopo un’apertura in cui viene presentato il tema, il vibrafono di Sannelli diventa protagonista con una lunga improvvisazione sorretta dalla batteria e dalla chitarra. Il secondo protagonista del brano è un piano elettrico molto anni settanta che dialoga con il vibrafono e la chitarra per tornare poi al tema iniziale. Interessante la commistione fra il vibrafono e gli strumenti elettrici.
La frenesia e la concitazione della modernità sono ben rappresentate in Run, Mingo Run! un brano che ci manda in affanno e che riporta alla mente i tempi moderni di chapliniana memoria. Giusto per farci riprendere il fiato arriva Song for Chiara. Le atmosfere sono più rilassate e a tratti oniriche, sicuramente più classic jazz rispetto ai primi due brani. Mi rilasso, mi faccio trasportare dalla musica e mi ritrovo in un vecchio film degli anni sessanta che mi ricorda l’Italia del benessere e del miracolo economico di quegli anni. Immagino che Chiara, musa ispiratrice del brano, sia stata in grado di suscitare le stesse emozioni positive nel compositore. A riportarmi al presente è Hard times in cui una bellissima batteria suonata con la tecnica del cross stick tiene un tempo veloce su cui si innestano in ordine il piano, la chitarra ed infine il vibrafono. Il brano vira e prende il sopravvento di nuovo il vibrafono, accompagnato ancora una volta da una batteria presente che incalza il ritmo. Il brano cambia ancora: è la volta della chitarra elettrica che fa un lungo solo e lascia spazio alle tastiere. Un breve silenzio suggerisce la fine del brano che invece ricomincia con il cross stick e tutti gli strumenti a ribadire il tema. Una cavalcata che ci riporta alla quotidianità di una città frenetica che non ci lascia spazio e che ci spinge a correre. Sannelli è bravo a portarci per mano, con le sue sonorità, nel saliscendi delle emozioni. Dopo una lunga corsa ci dà il tempo per fermarci a respirare con il brano Just in time to say goodbye in cui il suo vibrafono sale in cattedra. L’incipit di Uncle Dave è affidato al contrabbasso di Stefano Zambon che con il suo pizzicato a tratti ci riporta alla mente sonorità latine. Il brano è complesso e ricco di spunti. La chitarra si intreccia con i tempi raddoppiati del vibrafono per lasciare spazio ai ritmi veloci delle tastiere. Una vera e propria suite in cui non manca nulla.
La chiusura del disco è affidata alla chitarra di Daniele Sartori che apre Circle. Il brano si sviluppa con l’improvvisazione della tastiera che ricorda le sonorità della PFM riportandoci al punto di partenza, il prog rock italiano.

L’album di debutto è un banco di prova che Michele Sannelli e The Gonghers hanno superato alla grande. Inner Tales è un disco moderno, maturo e ricco di stimoli, composto per intero da Sannelli ma che generosamente lascia spazio e creatività a tutto l’ensemble.     

The Gonghers:
Michele Sannelli – vibrafono, composizioni e arrangiamenti
Davide Sartori – chitarra
Edoardo Maggioni – piano e tastiere
Stefano Zambon – contrabbasso, basso elettrico
Fabio Danusso – batteria

Tracklist:
01. Green Light (4:53)
02. Run, Mingo, Run! (4:22)
03. Song for Chiara (7:52)
04. Hard Times (7:35)
05. Just in Time to Say Goodbye (4:58)
06. Uncle Dave (9:56)
07. Circle (5:12)