R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Il settimo lavoro su disco di Raffaele Casarano, ispirato musicista e compositore pugliese, si intitola Anì ed è uscito, per l’etichetta Tùk Music, nello scorso mese di dicembre. Ho conosciuto Casarano al magnifico concerto in solo che tenne, nell’ambito di NovaraJazz Festival 2018, nella Basilica di San Gaudenzio, sotto la maestosa Cupola di Alessandro Antonelli. In quel luogo mistico adattissimo alla musica, Casarano mi sembrò un asceta, anzi forse un peripatetico armato di sax che, anziché filosofare, spargeva suoni solenni, solitari, strabilianti nella navata della grande basilica. Ma se in quell’occasione, anche per la tipologia dell’esibizione in solo, Casarano ha sfoggiato una teoria di suoni “nordici” e solitari, in Anì la musica, ovviamente cambia, anche se, pur prendendo spunto dagli emozionali e caldi ritmi della sua terra natale e spaziando poi verso le coste settentrionali del Mediterraneo (sempre più musicisti fanno ormai riferimento a quell’area), riesce a mantenere vivi anche gli echi della musica nordica che lo ha sempre affascinato, in particolare quella norvegese.

Con lui polistrumentista, si sono cimentati Dhafer Youssef all’oud e alla voce, il rapper e attivista M1, Bonnot all’elettronica, Mirko Signorile al piano, Alessandro Monteduro alle percussioni e Marco D’Orlando alla batteria. Scorre via lieve già dal primo brano questo soave e raffinato disco: la prima traccia A piedi nudi dà, anche nel titolo, quel senso di “libertà mediterranea” (oddio, devo aver creato un nuovo modo di dire?!), che innerva la produzione dei musicisti che traggono la loro ispirazione da culture e paesi che si affacciano sul “mare nostrum”. Anche il rap lieve ed umano di M1, del secondo brano Fight Back, temperato dal caldo sax di Casarano e da un accompagnamento dolce, dove anche il piano sembra uno strumento appropriato ad un rapper, porta la bussola verso sud. Più malinconica e dall’attacco vagamente arabeggiante l’atmosfera di To fly. Anche Festa sa di Sud e ammicca, in maniera esplicita alle feste popolari e religiose di quelle latitudini, tanto da riuscire ad essere gioiosa e semplice nell’inizio e nel finale, con un corpo centrale più ricercato e meditativo fatto di suoni misteriosi e quasi ancestrali, turbati però dal pianoforte molto classico di Mirco Signorile; certamente questo è uno dei migliori pezzi dell’album.

Sulle corde del sentimento (e forse del sentimento amoroso), si sviluppa Anita, dallo struggente attacco, che poi prende corposità con una bella e soave presenza vocale. Anche in Malaspina la voce gioca un ruolo rilevante. Un canto antico, asemantico, ma che sa di racconto ancestrale magari di una antica caccia oppure un canto d’amore di chissà quale terra lontana, ma lontana da dove? Se lo sarebbe chiesto Joseph Roth, uno che di lontananze e vicinanze se ne intendeva. Mi piace sottolineare come i “canti popolari”, o i canti e i suoni che indagano e ricercano antiche radici, si assomiglino un po’ tutti, non già nelle armonie o negli sviluppi melodici, ma nelle intenzionalità e nella ricorrenza dei temi: la terra, la vita, l’amore, la morte, la nostalgia, la gioia. Malaspina è un magnifico esempio di come il jazz possa spesso inglobare questa venatura popolare e folk. Lievemente tecnologico e moderatamente ritmico è invece il penultimo brano, Julia, mentre Trance in the Space, non lascia dubbi nemmeno nel titolo. Riflessione cosmica dalle radici antiche e dalle prospettive galattiche, sembra ben riassumere tutto questo lavoro di Raffaele Casarano. Nota finale sulla bellissima cover del disco ideata da Marcello Moscara: un arbusto apparentemente secco piantato su una spiaggia dal quale germogliano incongrui fiori, forse, chissà, una metafora del germogliare di nuovi suoni da una terra antica come la Storia…


Tracklist:
01. A piedi nudi
02. Fight Back
03. To Fly
04. Festa
05. Anita
06. Malaspina
07. Julia
08. Trance in Space