
Racconto breve di Enrica Bardetti
Berta non si vedeva da giorni in paese, ma nessuno ci aveva fatto caso.
Erano tutti troppo presi dai preparativi del Natale alle porte, per notare la mancanza di quella donna.
Il vecchio Gigi adesso era seduto al bancone con un bicchiere di bianco in mano. Ascoltava Ugo parlare ai clienti del bar di quel fatto successo dieci giorni prima che era ancora sulla bocca di tutti. Chi l’avrebbe mai detto eh, Gigi? Lui, in tanti anni di servizio alla Pubblica Assistenza di cose ne aveva viste, anche strane, ma una cosa così, mai.
Come ogni Capodanno stava ricoprendo il turno del mattino per dar modo ai militi più giovani di smaltire la sbornia. Gigi non festeggiava più da anni: da quando la sua Pina se ne era andata per lui tutti i giorni erano uguali. La mattinata scorreva liscia, il torpore che segue ogni nottata di bagordi avvolgeva il paese, come la brina che ricamava i rami spogli delle piante. Verso le dieci era arrivata una richiesta di soccorso per il numero 89 di Strada Provinciale 46: la casa dove vivevano la Berta e suo fratello Mario.
La cosa che lo aveva messo in agitazione non era stata la chiamata in sé: che Mario non fosse in buona salute lo si sapeva da anni. Quello che lo aveva impensierito era che fossero stati i carabinieri a farla. Chi mai poteva aver pensato di andare a rubare in quella vecchia catapecchia? Si era detto mettendo in moto l’ambulanza.
Arrivato sul posto aveva faticato a farsi largo tra il camion dei pompieri e la volante dei carabinieri ancora con le luci blu in funzione. Con un salto era sceso dall’ambulanza, a dispetto dei suoi ottant’anni che lo avevano segnato più dentro che nel fisico. Con un cenno del capo aveva salutato il brigadiere e si era affacciato sul vano. La porta era sul pavimento dove l’avevano appoggiata i pompieri dove averla abbattuta. Un’ondata di aria maleodorante gli aveva colpito le narici, rivoltandogli lo stomaco. Quello che si era trovato davanti lo aveva lasciato senza parole. A giudicare dal silenzio che era sceso nella stanza, aveva pensato, non aveva fatto questo effetto solo a lui.
Per anni mai nessuno era entrato in quella casa. Da quando i coniugi Morelli erano morti d’infarto a pochi mesi di distanza, Mario e la Berta avevano continuato ad occuparsi della fattoria. Poi lui aveva iniziato a soffrire di cuore. Da quel momento avevano venduto le bestie e chiuso la stalla; i campi li avevano dati in affitto ai vicini. I militi della Pubblica assistenza erano gli unici a varcare ogni tanto il cancello per portarlo a fare gli esami o dal cardiologo e Mario, quello più a posto dei due fratelli, li aspettava sempre fuori dalla porta, sia d’estate che d’inverno.
Il vecchio Gigi lo aveva accompagnato molte volte alle visite, senza mai mettere piede nella stanza dove adesso cercava di soccorrere la Berta, accasciata a terra dolorante. Era sempre stata strana, quella donna, mezza selvatica, più avvezza a stare in compagnia degli animali che degli uomini che non la capivano e la allontanavano. E di animali non ne mancavano nella piccola cucina dove un tavolo, due sedie, una stufa a legna, un fornello e un letto a una piazza e mezzo sembravano essere tutto il mondo dei due fratelli.
Sul pavimento coperto da giornali, immondizia ed escrementi. In quella stanza dai muri scrostati smangiati dall’umidità, c’erano otto cani e tre gatti. Sparsi uno qua e uno là e indeboliti dalla fame lo osservavano con gli occhi lucidi. Con l’aiuto dei vigili del fuoco il vecchio milite adagiò sulla barella la donna esanime e la portò sull’ambulanza. Poi tornò dentro da Mario che fino a quel momento era rimasto immobile, seduto sulla sedia, con il capo abbassato sul petto.
Gli posò la mano sulla spalla, lo scosse, lo chiamò, ma l’uomo non rispose. Fu solo allora che notò quanto fosse freddo e rigido. Nella semioscurità, tra la sporcizia, il disordine e l’abbandono Mario era morto. Il suo stato di decomposizione faceva anzi pensare che cadavere lo fosse già da un bel po’. Turbato dalla scoperta, sgomento, il vecchio Gigi si passò una mano sulla fronte. Tra la miseria e lo squallore di quel piccolo mondo avariato intravide uno spettro.
Era lo stesso che cercava di tenere fuori dalla porta da quando sua moglie era morta; quello che si vedeva in fondo agli occhi della Gianna dilaniata dalla brutta bestia che gli aveva invaso il corpo; l’inseparabile compagno di chi ha tutto, ma è incompleto perchè orfano di amore. L’unico che non ti abbandona neanche il giorno di Capodanno, disse il vecchio Gigi ricambiando lo sguardo del gatto grigio che col suo miagolio aveva dato l’allarme.
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