R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Dev’essere un sognatore intenso, Pasquale Stafano, di quelli che creano continuamente immagini estraendole dalla fantasia e dando loro la dignità di oggetti reali attraverso la musica. Prendiamo il titolo di questo lavoro, ad esempio, Sparks, in inglese scintille. Bisogna figurarsi uno sciame di lapilli che s’alzino da una fiamma e che a loro volta appicchino ciascuno piccoli incendi immaginari. Oppure i riflessi del sole – o della luna – sull’acqua, a creare quelle visioni frammentate e disomogenee sulle quali si può indugiare a evocare lampi di esistenza trascorsa e bagliori di sentimenti persi nella memoria. Stafano riesce a dare una superba forma artistica a tutto questo tratteggiando un mondo di bellezza lacerante, musicalmente arricchito di influssi classici ben evidenti ma conglomerati con dinamiche riferite a tradizioni più esplicitamente jazz. Il suo pianismo è pulito e asciugato da ogni barocchismo ed egli è cocciutamente tra i pochi che credono nel rigore dello stile e nella scelta delle dissonanze in un’epoca nella quale sembra sia quasi la regola crogiolarsi in un mondo di suoni ostici, perfino quando non se ne avverta l’inderogabile necessità. Stafano ha alle spalle un solido curriculum di concerti in tutto il mondo – molta attività svolta anche nei paesi asiatici, oltre che in tutta Europa – e sei precedenti personali pubblicazioni discografiche, in parte con Nuevo Tango Ensemble, in parte solo con Gianni Iorio al bandoneon. Questo Sparks è stato realizzato in trio con Giorgio Vendola al contrabbasso e Saverio Gerardi alla batteria. Non so da quanto tempo questi tre musicisti si conoscano ma ascoltandoli in questo disco sembrerebbe abbiano suonato insieme da una vita, tanto è l’affiatamento perfetto che regna tra loro.

Parafrasando il titolo di un loro brano – Clocks – si ha l’impressione di una serie d’incastri precisi come i meccanismi di un orologio, per l’appunto. Lo spartiacque del genere musicale a cui Stafano sembra appartenere, almeno per quanto riguarda questo lavoro – un jazz moderno legato a matrici d’influenza classicheggiante – è stato, occorre ricordare, lo svedese Esbjorn Svensson. In una quindicina d’anni, dalla fine degli anni novanta fino alla sua morte nel 2008, egli ha ritracciato i confini della musica moderna, rivoluzionando l’arte del piano trio, ancora legato agli stilemi evansiani, modificandone i rapporti di forze tra gli strumentisti in senso più democratico, offrendo – come del resto avviene in questo caso -spazio maggiore alla base ritmica e facilitando i raddoppi tra piano e contrabbasso nel seguire la melodia. Proprio quest’aspetto melodico è uno dei punti di forza di Sparks che non viene mai soverchiato da scorie esibizionistiche ma tende a risaltare sempre in primo piano sia nei brani più lenti e toccanti sia in quelli più veloci e sincopati.

Sparks è il primo assaggio che annuncia l’inizio di questo percorso musicale. Un paio di passaggi in lieve dissonanza e poi comincia il jazz, si potrebbe dire. Una frase pianistica reiterata, veloce, e una base ritmica ben condotta quasi convulsa, a cui fa seguito un’improvvisazione che gira per tutta la tastiera con batteria e basso che ne costituiscono la punteggiatura. La ripresa del tema finisce in crescendo, con qualche intervallo melodico più lento e con un finale…”scintillante”. Three days snow è la traccia che personalmente preferisco. Non so se sia voluto o meno ma il titolo mi rimanda a quello di EST Seven days of falling, anche se l’invenzione di Stafano & C. è completamente diversa. Potente il rapporto con la struttura classica che ovviamente appartiene agli studi del pianista pugliese, la melodia scorre lineare, quasi morriconiana, in apparente semplicità, muovendosi tra tonalità minori e maggiori con molta naturalezza. La ritmica resta rispettosamente sullo sfondo sorreggendo la suggestiva sequenza delle note a seguire. Verso il minuto 04.55 si sviluppa un’improvvisazione costruita su coppie di intervalli alternati tra terze maggiori e minori, che precede il ritorno, appena abbozzato, della melodia di base. Di altro piglio è Night market strutturata grosso modo come il brano di apertura Sparks – scrittura veloce e ficcante – ma qui l’improvvisazione esplora territori più coraggiosi – con il contrabbasso che si fa sentire, spesso raddoppiando la linea melodica del piano fino al sincrono per un certo tratto dal minuto 04.00 circa. La ripresa del tema avviene con la batteria che continua a spezzare efficacemente il ritmo fin sotto alle note di chiusura. Remembrance a seguire è un pezzo lento innescato da una sequenza di due accordi di piano con un ostinato sostenuto da una nota ribattuta e da qualche intervento di tastiera elettronica che si ascolta in sottofondo. Tema assai vicino all’ispirazione E.S.T. o comunque nordica – Martin Tingvall Trio con più pepe tra le note – sia per la modalità dell’intervento del contrabbasso e della batteria nervosa che corre ritmicamente come un treno – di ricordi? – praticamente per tutta la durata del brano. Molto gradevole, persino orecchiabile nell’esposizione tematica. Il piano chiude improvvisando e forzando un poco la tonalità di base ma non si avvertono squilibri particolari fino al termine del brano che finisce sfumando.

Countdown appare inizialmente abbastanza simile, soprattutto nell’accompagnamento di batteria, al brano precedente ma qui aumentano i cambi di ritmo e gli interventi di tastiera elettronica a dare un colore quasi “spaziale” al respiro del brano. La musica si fa più nervosa e aumentano gli angoli ma l’effetto complessivo è estremamente felice. Mirror of soul rallenta il battito cardiaco e si concede una melodia quasi mediterranea. Ariosità, cantabilità, armonia sono i tre aspetti che maggiormente risaltano in questa traccia dove possiamo ascoltare un avvolgente assolo di Vendola, assolutamente pregevole, così come la linea di piano che di lì a poco lo segue. La batteria di Gerardi è colma di colori e insomma Stafano non poteva trovare colleghi migliori per affrontare questa incisione. Arriviamo a Clocks dove vengono riprodotti nelle prime battute alcuni ticchettii di orologi – se ascoltati in cuffia danno la netta impressione di provenire da un’altra stanza! Anche qui i cambi di tempo sono rapidi e improvvisi e di questo si deve ringraziare il gran lavoro della ritmica, sempre puntuale e precisa nell’agganciare le scorribande pianistiche. Troviamo un altro assolo di contrabbasso, meno caldo e più spigoloso rispetto a quello, più breve, ascoltato nel brano precedente. The Roller Coaster si annuncia con il contrabbasso suonato con l’archetto e una splendida armonizzazione al piano che lo segue a ruota. Poi però ci si tuffa di nuovo nei ritmi accesi che hanno caratterizzato la seconda parte di questo disco. Un po’ di sensazione di “già sentito” affiora, alla lunga, proprio in questi ultimi frangenti, dove il gruppo tenta di mescolare al massimo tutte le sue carte, riproponendo le invenzioni peraltro già testate nel resto dell’opera. Da rimarcare, comunque, un gran lavoro a due mani di Stafano che ad un certo punto mantiene un arpeggio con la mano destra e s’inventa una linea melodica al basso confermando le impressioni di grande sicurezza e di igienica pulizia sonora che questo pianista è in grado di dimostrare.

L’ordine armonico che interessa Sparks è senso di misura e di equilibrio. L’assoluta competenza tecnica dei tre strumentisti contribuisce all’impalcatura del principio estetico che sorregge questo disco, cioè Il verbo lirico delle composizioni che si alterna ad altri momenti più spasmodici. Tuttavia non ci si perde mai per strada nemmeno un minuto e l’unità progettuale che interessa tutto il disco viene mantenuta solida sin dall’inizio.

Tracklist:
01. Sparks
02. Three days snow
03. Night Market
04. Remembrance
05. Countdown
06. Mirror of Soul
07. Clocks
08. The roller coaster