I N T E R V I S T A
Articolo di Andrea Notarangelo
Per l’uscita di Pornopunk, nuova fatica discografica dei Babbutzi Orkestar, abbiamo voluto incontrare la band per una piacevole chiacchierata sulle periferie e sul melting pot di generi e stili che da sempre li caratterizza. I Nostri, sono un quintetto formato da musicisti navigati che hanno messo assieme una piccola orchestra con l’intento di suonare per gli amici che si sarebbero sposati, e invece si sono ritrovati a farlo in giro per tutta la penisola. Orgogliosi della loro musica, suonano nei dischi con lo stesso spirito col quale affronterebbero un live. Per questo motivo i loro concerti sono una festa e Pornopunk non fa eccezione.
M’incuriosisce molto il titolo del vostro nuovo album (Pornopunk). Si tratta dell’incontro tra il punk, l’anarchia, la protesta e il porno; parola quest’ultima che deriva dal greco e significa meretrice. Qual è il significato corretto per i Babbutzi? In base al vostro significato, ritenete possa essere coniato un neologismo?
Pornopunk è un titolo che ha la necessità di essere provocatorio e di generare una reazione. Quando abbiamo completato l’album ci siamo accorti di avere tra le mani dei brani nuovi, diversi, no gender. Un disco al di fuori da qualsiasi etichetta. Che era quello che volevamo. Un disco con al suo interno più stili e generi che si mescolassero tra loro per creare qualcosa di nuovo, o meglio un modo nuovo di fare musica balcanica. Quindi Punk, anarchico, libero. E porno, nel senso di estremo, oltre, un rafforzativo del concetto punk.
Circa la seconda domanda, la risposta è “Perché No?”

Com’è nato il vostro nuovo disco? Ci potete descrivere il processo di composizione dei Babbutzi Orkestar?
Il nuovo disco è nato con calma. Senza fretta. E questa è una differenza enorme con i dischi precedenti. Per le precedenti uscite avevamo sempre delle date da rispettare, e ci trovavamo sempre a correre sotto data per chiudere i brani. Questa volta, causa pandemia e mancanza di concerti, abbiamo avuto la possibilità di ragionare sui brani con più calma, ascoltarli, riascoltarli, modificarli. Per quanto riguarda il processo di composizione, nel corso degli anni abbiamo sviluppato una nostra sorta di “catena di montaggio”. I brani nascono dalla “cameretta” di Gabriele, per poi venire condivisi con i due arrangiatori della banda (Buttu e Judo). Circa una ventina di solito. Loro li ascoltano e fanno una cernita per poi lavorare su quelli selezionati. Arrangiamento alla mano ci troviamo in studio con il resto della banda per farli scivolare tra le mani, prima di pre-produrli ed infine registrarli.
Sono rimasto molto colpito da “Lacrima”, ottava traccia del vostro disco. L’incipit è rilassato da piccolo club esclusivo, fino a quando non entra la voce e ci si trova catapultati in una festa di paese, dove amanti abbracciati ballano un lento e si scambiano confidenze. Un assolo rompe quest’intimità e il ballo diventa più acceso fino al commiato. Cosa ne pensi di questa descrizione?
È una interpretazione che in parte si avvicina alla nostra. Specie per quanto riguarda “l’intimità”. Lacrima è un brano che parla di tormenti, ma è soprattutto l’immagine del dolore per la perdita. È molto intimo. Nato in un momento in cui un dolore violento si scontrava con l’amore, in una battaglia cruenta. Citando la canzone “…E abbandonerò il dolore, ma non un infinito amore…” Tra l’altro l’unico pezzo del disco registrato in diretta…è stato un momento magico e molto emozionale.

Cinisello Bronx, titolo suggestivo. Cosa ne pensate delle periferie milanesi? Sanno ancora essere un punto di riferimento e d’ispirazione? “Prendi e dai un morso in Cinisello Bronx” è una parte di testo suggestiva. A cosa facevate riferimento? Può essere interpretato come il saper cogliere al volo un’occasione?
Cinisello Bronx è chiaramente dedicata a Cinisello Balsamo. Periferia milanese, per noi “La ed unica periferia”. Eh sì, è stata sicuramente di ispirazione per noi in tutti questi anni. Volenti o nolenti in qualche modo le influenze del quartiere entravano sempre nelle nostre storie. Le periferie sono sempre dei luoghi un po’ di emarginazione, di randagi e quasi dimenticate. Dall’emarginazione si trova sempre ispirazione e momenti da cogliere. Ed il brano parla della nostra adolescenza all’interno del quartiere, delle lotte personali per trovare un proprio posto sulle strade, ma soprattutto dei sogni e delle occasioni da cogliere per poter emergere, galleggiare.
Ritenete che Pornopunk cambierà il vostro modo di porvi in sede live rispetto al passato?
Assolutamente no. Pornopunk è nato soprattutto con l’intenzione di inserire all’interno del disco la stessa energia che portiamo sul palco. Volevamo un disco che suonasse come un nostro live. Quindi i nostri spettacoli rimarranno delle feste e noi dei circensi domatori dei nostri strumenti e di palchi. Venite a trovarci. Venite a fare cagnara insieme a noi!
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