R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
C’è chi nasce in una desolata periferia cittadina e chi a Minorca, nelle Baleari. Ho sempre pensato che Montesquieu avesse ragione nel collegare clima e indole di un popolo. Marco Mezquida ha 35 anni ed è nato appunto a Minorca e tutto si potrà dire di lui tranne che qualche solare ispanismo melodico e una certa, orgogliosa ombrosità latina non gli sia rimasta tra le dita, nel suo viaggio intrapreso come musicista. Avventura ben farcita di soddisfazioni se si pensa che Mezquida ha inciso più di una ventina di album come titolare e ne ha compartecipato almeno il triplo come collaboratore. Ora, se non sei bravo non puoi avere fatto tutto questo in così poco tempo dall’anno del diploma conseguito nel 2009. In effetti non è certo la bravura tecnica e l’ispirazione che può mancare a questo pianista. Soprattutto considerando un disco come quest’ultimo Letter to Milos, dedicato a suo figlio, ed inciso in formazione a trio che lo vede condividere la scena con il violoncellista cubano-moscovita Martin Melendez – che non fa rimpiangere l’assenza del contrabbasso – e con il batterista e percussionista catalano Aleix Tobias. Debbo confessare che, nonostante l’incontestabile bellezza di alcuni momenti – Nacimiento e Passarinho su tutti – qualche perplessità mi è rimasta dentro. L’eclettismo di questo pianista è talmente profondo che nella sua musica si ascoltano tante cose, a volte troppe. L’influenza classica, jazz, latina, pop, mediterranea, tradizionale iberica e cos’altro ancora si mescolano in un pentolone in cui i sapori spesso si sovrappongono senza per questo raggiungere necessariamente una sapida soddisfazione al palato. Ho inoltre l’impressione che vi sia un certo accomodamento pop comparso peraltro dopo lo splendido lavoro Pieris (in trio con Jesper Bodilsen e Martin Maretti Andersen), del 2018. Se paragoniamo questo album meno recente o anche Ravel’s Dream dell’anno prima, all’ultimo Letter to Milos, possiamo accorgerci della differenza. Niente di drammatico, ovviamente, la brillantezza e la grazia innata di Mezquida non si discutono, ma nei termini di un puro paragone qualitativo, questa sua ultima uscita mostra un lieve arretramento rispetto al passato. Naturalmente non possiamo non considerare l’aspetto eufonico della sua musica, qualcosa che ti prende per i sentimenti e li accende di una luce armoniosa.

Ecco, Mezquida, come ha rivelato in una recente intervista, ama la tonalità, è l’alfiere di una struttura armonica che costeggia sempre la riva della melodia e comunica il puro piacere di ascoltare senza essere disturbati da improvvise dissonanze irrisolte od esplosioni cacofoniche innescate da un presunto senso di libertà artistica. La sensazione che arriva con questo album è quella comunque di una vicinanza amichevole, percepita senza intellettualismi ed in forme strutturali non esageratamente complesse. In fondo si tratta di una raccolta di “lettere” dedicate al figlio e quindi si presume che il tono affettivo si presenti nella sua modesta nudità, senza costrizioni né paravento alcuno.
L’album esordisce con Nacimiento, assolutamente un bell’inizio, con quel suono timpanico a simulare un battito cardiaco o il ritmo alare d’un albatro, fino a quando il piano estremamente melodico e un po’ romantico ci cattura legandoci a sé per raccontarci il mistero naturale di una nascita. Si avverte qui tutta la partecipazione e l’affetto carico di stupore riguardo alla percezione della paternità da parte dell’Autore. Più mosso il secondo movimento El Cielo En Tus Brazos, ma anche meno pregno di sintesi, all’inseguimento di una melodia elegante e un po’ new age. Si tratta comunque di un brano molto melodico, con Tobias che si alterna sia al pizzicato che all’archetto. Sonajero è meglio, l’assetto melodico fa meno leva sul sentimento ed esplora con più lucidità lo spazio armonico circostante. L’indole latina ottenuta dalle percussioni orienta il brano dalle parti di un Rubalcaba nei suoi momenti più raccolti. Il passaggio veloce di un treno viene tradotto, in Corazon Feliz, in un allegro tambureggiare in cui il ritmo della carrozza che corre sulla rotaia e la frequenza cardiaca di un uomo, presumibilmente felice, si fondono l’un l’altra. Sempre verso alte quote si vola in Charrada De La Vida, uno dei brani effettivamente più vitali dell’intero album. Energia latina, con indubbie influenze di tradizione spagnola, in cui il piano passa attraverso diverse sequenze, ora più convulse ed in altri momenti più tranquille, intonando un risonante canto pieno di colore. Nel mezzo delle note così organizzate sulla tastiera si fanno sentire sia la batteria che i campanellini di Tobias, mentre il violoncello di Melendez sostituisce egregiamente il contrabbasso e qui Mezquida si sfoga letteralmente offrendo un ampio spettro delle sue possibilità tecniche. Percebas Y Zamburinas ha per la verità un incipit poco promettente, rullata di tamburi e apertura pop alla Elton John. Poi pausa silenziosa di 3-4 secondi e tutto cambia. Il piano si immette in una sorta di marcetta felliniana dal sapor cubano mentre più linee melodiche s’intrecciano e abilmente si sovrappongono tra le dita del pianista. Con El Beso, Melendez si diletta in un piccolo assolo – ma mi chiedo: se in questa circostanza il fine è quello di simulare un contrabbasso perché non usarlo direttamente? – mentre Mezquida accenna ad un tema cantabile che sa vagamente di flamenco, molto gradevole e ricco di respirante leggerezza.

Onirico è un intermezzo con qualche velleità free ma è il successivo Letter to Milos che cattura l’attenzione in piano solo con una costruzione romantica resa in una scrittura essenziale e fortemente emotiva. Pandero Suite è pura Spagna e forte tradizione, tra un mare di percussioni e le corde del piano bloccate dalla mano di Mezquida a rendere l’idea di un veloce fraseggio chitarristico. Anche il violoncello partecipa coi suoi pizzicati a quest’incursione nel cuore della storia musicale spagnola. Pauta completa è un ulteriore inframezzo che entra poco nelle corde dell’album ma niente in confronto con la velleitaria Umbillical, un divertissement free con poco senso da raccontare. Lluminosa assomiglia ad una ninna nanna, nelle sue fasi iniziali, ma dalla forma abbozzata ne risulta poi uno sviluppo più complesso con intenzioni maggiormente jazzistiche. Una percussione ossessiva che ricorda lo scandire di un metronomo, sullo sfondo, tiene legato il brano ad un eccessivo formalismo o forse serve a simboleggiare la scansione del Tempo che verrà attraversato, crescendo, da Milos, vero ed unico protagonista di questo album. Passarinho, come accennato già prima, resta per me uno dei brani migliori dell’album con una linea melodica semplice ed un po’ languida, che poi evolve in una sorta di danza a metà tra la Spagna ed il Sud America. Milos Smile è un momento di piano inizialmente in solitudine che possiamo leggere come la continuazione naturale di Letter To Milos, nella forma e nel contenuto a forti tinte affettive. Durante la seconda parte del brano la discrezione della ritmica e del violoncello pizzicato accompagna un piano più libero di correre velocemente su scale di forte connotazione romantica ed europea. Si chiude con Infinito, un brano che rimanda indietro nel tempo tra camerismo ottocentesco, leggere coloriture jazzate nell’uso delle dominanti e qualche accenno di minimalismo scandinavo.
Mezquida ha fatto voto di appartenenza ad un pianismo fortemente melodico, piacevolmente tonale ma che pare aver compiuto un piccolo passo indietro rispetto alle più recenti uscite che mostravano un’impronta maggiormente contemporanea rispetto a quest’ultimo lavoro, certamente imbevuto di sentimento paterno e di riconoscenza nei riguardi dell’esistenza. Infine aggiungerei che forse sarebbe meglio tenersi più lontani da certe nostalgie romantiche, avendo Mezquida tutto il potere e la facoltà di elevare la propria musica ancora più in alto di quanto già non sia.
Tracklist:
01. Nacimiento
02. El Cielo en tus Brazos
03. Sonajero
04. Corazon Feliz
05. Charrada de la Vida
06. Percebes y Zamburinas
07. El Beso
08. Onirico
09. Letter to Milos
10. Pandero Suite
11. Pauta Completa
12. Umbilical
13. Lluminosa
14. Passarinho
15. Milos Smiles
16. Infinito
Photo © Enes Kucevic, Mireia Miralles
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