A P P U N T I  D A  S U O N I  M O B I L I


Appunti di James Cook, approfonditi da Luci

Con una temperatura estiva decisamente più favorevole raggiungiamo il comune di Verano Brianza e la Piazza della Chiesa Vecchia, dove si esibirà Gabriela Mendes accompagnata dai suoi musicisti. L’artista arriva da noi come una delle possibili eredi di Cesária Évora.
“Cize”, così la chiamavano gli amici, è stata la più celebre interprete della Morna, genere e danza tipica dell’Isola di Capo Verde, che unisce le percussioni dell’Africa occidentale con il fado portoghese, la musica brasiliana e i canti di mare britannici. Questa forma musicale a tempo lento nasce nel diciottesimo secolo, l’origine del suo nome si ipotizza possa essere correlata al pianto o al lamento che accompagnava la narrazione delle vicissitudini quotidiane.

“Dobbiamo solo provare a continuare il suo viaggio. Non è facile venire dopo Cesária, ma è una motivazione!” Così si esprime Gabriela a proposito di un percorso al quale sembra predestinata, poiché nasce e cresce nella città di Mindelo, sull’isola di São Vicente, proprio come la diva capoverdiana che l’ha preceduta. Fin da piccola la Mendes vive a stretto contatto con la musica (il padre suona la chitarra, la madre canta durante le feste religiose, molti musicisti ne frequentano regolarmente la casa).
La sua è una famiglia semplice, il genitore è costretto ad emigrare per riuscire a mantenere la famiglia, e forse già in questi anni si fa strada in lei una grande percezione del senso di “sodade”. Frequenta la Scuola Salesiana, dove coltiva al meglio la passione per il canto. Ancora giovanissima, ha l’opportunità di raggiungere la Svezia (vi rimarrà due anni), dove vive un’esperienza che le insegna tanto, anche perché proprio uscendo riesce a vedere con altri occhi il suo paese, impara ad amarlo.

Al rientro, in cerca di nuove opportunità, raggiunge l’Isola del Fuoco, conosce più da vicino le tradizioni dedicandosi al canto delle Morna e Coladeiras (versione più veloce e giocosa delle prime). Scopre così quanto la musica riesca ad arricchire il suo spirito e quando assiste ad un concerto della Évora, realizza di voler diventare a sua volta cantante. Prende lezioni per migliorare la voce, si propone in qualche concerto, crea un suo repertorio, partecipa a festival, attira sempre più l’attenzione del pubblico. Nel 2004 riesce ad esibirsi in Francia e proprio a Parigi, l’anno successivo, registra il suo primo disco “Tradição”, del 2012 è la pubblicazione di “Um renovo musical”. Continua poi un percorso internazionale, a cui fa seguito una pausa di qualche anno, ma dal 2018 torna a deliziare il suo pubblico.
Quella di stasera è la prima tappa del tour europeo di Gabriela.
Appena i musicisti si presentano davanti a noi sono piacevolissimi da guardare. Osservando i loro tratti somatici così caratteristici, sembra già di trovarsi in una strada di Cidade Velha o dentro un bar di Mindelo.

Si posizionano con i loro strumenti acustici; in particolare Toy Vieria suonerà il cavaquinho (che, grazie alle quattro corde può essere sia melodico che ritmico) e in qualche brano il piano. Armindo Pireslala la chitarra acustica (violão) e Francelino Silva il basso acustico. A seguire entra Gabriela, con modi gentili, il sorriso che cattura e una raffinata sensualità che, del tutto naturale, si sprigiona dai suoi movimenti. Ci dice subito, in una lingua in bilico tra il creolo, il portoghese e l’italiano, che è felicissima di essere di nuovo in Italia, non vedeva l’ora di tornare, dopo i concerti dello scorso autunno.
Appena parte, il suo canto porta allegria, voglia di muoversi e un immancabile fondo di malinconia, tipico dei ritmi più lenti. Già dopo un paio di brani, con l’inizio della Morna “Sodade di bo um tem tcheu” è impossibile non tornare con la mente alla “diva a piedi nudi”, colei che riuscì a trasformare la musica popolare di un piccolo arcipelago vicino alle coste africane in un fenomeno globale.
A 8 anni dalla scomparsa della Évoria, oggi, il cammino delle possibili eredi è per certi versi più semplice. Gabriela sta dimostrando di avere le carte in regola per diventare una voce importante, in grado di diffondere la musica di Capo Verde nel mondo.

Ascoltando i pezzi proposti durante il concerto, notiamo che pochissimi risultano provenire dai suoi due dischi. Si ha quasi l’impressione che lei sia meno interessata allo show-business e piuttosto preferisca godersi la vita tranquilla dell’isola, gestendo una struttura turistica, cantando per passione, più che altro spinta dal desiderio di “seminare” in ogni dove le sue radici musicali.
Nelle canzoni più veloci e solari con spontaneità ci invita a seguirla con battimani, riesce perfino a farci cantare in Creolo, creando un’atmosfera densa di serenità e puro divertimento.
Gabriela ribadisce che è una grande appassionata della musica tradizionale della sua terra, in particolare Morna, Coladeira e Galope (altro ritmo veloce). Il repertorio è fatto di canzoni semplici e allegre che parlano della gente che vive nell’arcipelago, persone dall’indole solare. Ma nei testi c’è spazio anche per narrare sentimenti importanti come l’amore e naturalmente raccontare le partenze, poiché sono molti di più i Capoverdiani che se ne sono andati, piuttosto di quelli che hanno deciso di rimanere nel loro paese d’origine. Entra quindi profondamente in gioco la “sodade”, quel senso di malinconia, di nostalgia per la propria terra e la speranza di farvi ritorno.



C’è tempo poi per un’altra Coladeira (Cutch cutch), nella quale le sonorità acustiche del quartetto raggiungono il meglio della prestazione. Verso la fine del concerto parte un ritmo che ricorda il carnevale brasiliano, Gabriela suona i campanacci e ci invita a cantare con lei il ritornello: “Viva viva Mindelo”, dedicata evidentemente alla sua città. La partecipazione da parte nostra scatta immediata, calorosa, generale.
L’artista accenna un passo di danza, il suo sorriso si apre accogliente, quella voce calda ci rapisce e conduce in universi di note esotiche piene di poesia. Per un momento, viene proprio la tentazione di innamorarsi di lei.
Il rammarico, a questo punto, è che manchino testimonianze su disco (e pochissime anche in video) di queste meravigliose e più intime atmosfere. Naturalmente il finale è un’ovazione interminabile, che “costringe” i musicisti a rientrare e suonare nuovamente “Cutch cutch”, accompagnati dall’ennesimo coro liberatorio da parte del pubblico. Anche stavolta Suoni Mobili si è dimostrato un prezioso stimolo per chi ama esplorare, regalandoci una serata ad alto tasso emozionale.
Obrigado Gabriela!


Crediti immagini: Maurizio Andrelini (1,2,4,5,6,7) e Elena Passoni (3)