R E C E N S I O N E


Recensione di Claudia Losini

Andrea Poggio, insieme a Lucio Corsi, era il disco che più attendevo quest’anno. Intelligente e ricercata, la musica di Andrea Poggio, unita a una scrittura vivace ed evocativa, è uno dei migliori esempi di cantautorato italiano. Il futuro è il suo terzo disco, uscito a inizio maggio per La Tempesta. Iniziamo a spezzare lo stereotipo del cantautore con chitarra che canta di politica o di amore, come la grande tradizione italiana ci insegna. Andrea Poggio guarda a Paolo Conte e a Battiato, ma lo fa a modo suo, circodandosi, come sempre, dei migliori musicisti del momento: insieme ad alcuni membri degli Esecutori di Metallo su Carta (che lo avevano già accompagnato in tour), troviamo nel disco Adele Altro, Francesco Bianconi, Federico Altamura, Luca Galizia (Generic Animal) e Caterina Sforza, oltre alla partecipazione e produzione di Ali Chant, che tra gli altri ha collaborato con PJ Harvey, Perfume Genius e Yard Act (questi ultimi due, tra le migliori proposte contemporanee).

Andrea Poggio è il pittore metropolitano che getta uno sguardo sul contemporaneo, parlando di un tempo passato. Riesce a essere poetico mentre decanta la devastazione di cemento di una Milano che esiste sempre uguale a se stessa e sempre diversa, immersa in un retrofuturo fatto di sintetizzatori e telefoni a gettoni.
Chilometri d’asfalto è la rappresentazione migliore di questa strana combinazione di immagini disastrose, un caldo che asfissia soltanto ad ascoltare le sue parole, eppure tutto è raccontato in modo aulico e quasi sentimentale. Schiere di crateri e dopo fogne a cielo aperto/File di prefabbricati, un traffico di tir ininterrotto
Rispetto alle precedenti canzoni, Il futuro è più scuro e buio, non profuma più di oleandro e sale come nel suo Mediterraneo: qui siamo immersi nella pioggia, nel catrame e nel cemento di una città (Milano), da odiare e da amare, in un mondo che definiamo nuovo, ma ci attanaglia, come ne Il nuovo mondo, un tragico dipinto dell’umanità che si definisce progressista, in coda al centro commerciale, figlia e schiava del concetto di domanda-offerta.
Il futuro, per Poggio, è legato indissolubilmente al passato, alle memorie, ai ricordi solari di pomeriggi d’infanzia, anch’essi salvezza e tortura di un tempo che non torna ma che noi rincorriamo tra le vie trafficate e la pioggia, che cade, incessante, costante, sulle nostre vite adulte.
Anche gli amori, e le stagioni, transitano come i tram alla banchina sotto casa, in Autunni intermittenti. Un racconto d’amore realistico, senza le spiagge sognate e i baci al tramonto: quelli sono solo ricordi un tempo lontano, forse adolescenziale, raccontato in Amori perduti, la realtà è che gli amanti si salutano e si spogliano nei parcheggi, tra le vie piene di smog e al tramonto dei grattacieli.
Non manca nemmeno un blues cittadino, al suono del sax di Ombre e luci: una chiarissima immagine di un notturno autunnale cittadino, al fondo di un bar, mentre fuori piove e le insegne al neon lampeggiano, mentre, in solitudine, riemergono le immagini del passato di un bambino. Ricordi che opprimono di malinconia, ma per cui l’unico rimedio è ricacciarli in fondo, cercando di dimenticarli tra le strade immerse nella nebbia della città.
Se pensate che Argentina abbia richiami più caldi, vi sbagliate. Piove, in Argentina, a intermittenza tra la naftalina, il catrame, sotto a un vento subtropicale. Piove e il tempo scorre al contrario, non si pensa al futuro, ma si torna in un passato di ricordi che fa vagare la mente verso i campi e fuori città.
E proprio Fuori città chiude il disco. Una lunga, infinita attesa come per Godot, vede una anonima persona che attende il treno che la porterà fuori città, a cercare quella che potrebbe essere la felicità? O, più semplicemente, la tranquillità. Un sentimento così poso considerato, ma così spesso vitale per chi è incastrato nell’asfalto, tra macchine a noleggio e ristoranti in periferia, dove un campo di grano è una visione e un pomeriggio passato senza far nulla è un miraggio salvifico.
Ma forse è proprio questo, che Andrea Poggio ci vuole ricordare in questo disco: “A volte quei giorni ritornano ancora/ Coi colori dell’autunno, con le luci della sera
.

Tracklist:
01. Il Futuro
02. Il Nuovo Mondo
03. Parole a mezz’aria
04. Amori Perduti
05. Frasi a Metà
06. Autunni Intermittenti
07. Argentina
08. Ombre e luci
09. Chilometri d’asfalto
10. Fuori Città