R E C E N S I O N E
Articolo di Stefania D’Egidio
Il tanto atteso decimo album dei Foo Fighters esce oggi 5 febbraio in cd, vinile e formato digitale: prodotto da Greg Kurstin, prevede nove tracce per una durata complessiva di 37 minuti. Leggenda vuole che Medicine At Midnight sia stato registrato sul finire del 2019 ad Encino, in una casa infestata da spiriti: l’album sarebbe dovuto uscire nel 2020, per celebrare i venticinque anni di carriera della band, tanti erano i progetti partoriti dalla fervida mente di Dave Grohl, da un tour che avrebbe toccato le stesse città del 1995, per il quale avrebbero addirittura riesumato il mitico pulmino rosso degli esordi, a documentari e partecipazioni varie a trasmissioni. Nulla di tutto ciò, invece: la pandemia ha scombussolato i piani di tutti, famosi e non, anche se mi risulta difficile immaginare il frontman di uno dei migliori gruppi live del mondo confinato tra quattro mura, lui che, prima ancora di essere una rockstar, è un eterno adolescente appassionato di musica, così sfegatato da rimettersi ogni fottuta volta in gioco per dimostrare a se stesso di poter andare oltre e di saper alzare ulteriormente l’asticella.
Per questo motivo Medicine at Midnight non poteva essere sulla falsa riga di Concrete and Gold del 2017, doveva necessariamente portare una ventata di nuovo nella già ricca discografia dei Foo Fighters, a costo di lasciare perplessi i fan di vecchia data, quelli che si sono accostati al gruppo per amore delle chitarre rocciose e per il casino sprigionato dagli altoparlanti; sicuramente un album meno granitico del precedente, più sperimentale, con incursioni nel pop e nel funk anni ’80 che non piaceranno a tutti. Grohl stesso ha sempre dichiarato di amare spudoratamente Let’s Dance di David Bowie quindi me lo aspettavo che prima o poi avrebbe lanciato sul tavolo una carta a sorpresa, con dei brani molto ritmati e delle chitarre che ricordano, più che i Nirvana, Nile Rodgers o i The Power Station, in Making a Fire, in Cloudspotter e in Medicine at Midnight, e l’esperimento gli è riuscito anche piuttosto bene: i pezzi sono veloci e orecchiabili, ad eccezione di Shame Shame, che mi rimane un po’ indigesto e che personalmente non avrei mai scelto come singolo, non arrabbiatevi…de gustibus non disputandum est! Di tutt’altra pasta Waiting On A War, più in linea con la produzione del passato per l’inizio acustico in sordina, il testo ispirato da un ragazzino degli anni ’80 terrorizzato dalla paura di una guerra nucleare, e per l’esplosione sul finale con una ritmica al cardiopalmo.
Se i primi brani possono disorientare gli amanti dei suoni distorti, state tranquilli, perchè nei restanti minuti i nostri ragazzacci tornano a fare quello che meglio sanno fare: sprigionare quell’energia atomica che può nascere solo da un sano e consapevole casino. No Son of Mine è un bel pezzone di puro e sincero punkrock, forse un omaggio al compagno di merende Lemmy Kilmister: sono certa che lui e Dave si sarebbero scolati un bicchierino di Jack Daniels per brindare all’uscita dell’album, beh, forse anche qualcuno in più… Holding Poison tiene alta la bandiera del hard rock con un finale davvero strepitoso, mentre Chasing Birds è un lento in stile Beatles da ballare stretti stretti, al diavolo il distanziamento sociale, e se avrete i brividi non sarà certo per il coronavirus. Chiude Love Dies Young, una traccia con un ritmo cavalcante, tutta da saltare, forse messa alla fine come buon auspicio per il futuro e per la ripresa dei concerti.
Voto: 9/10, giusto per quel mezzo passo falso di Shame Shame, per il resto Medicine at Midnight si conferma un ottimo album, con una virata verso il pop, ma senza allontanarsi troppo dalle proprie origini. Venticinque anni di carriera possono sembrare tanti, per qualcuno sicuramente rappresentano un traguardo, ma per un visionario come Dave Grohl non può che essere un nuovo inizio.
Tracklist:
01. Making a Fire
02. Shame Shame
03. Cloudspotter
04. Waiting on a War
05. Medicine at Midnight
06. No Son of Mine
07. Holding Poison
08. Chasing Birds
09. Love Dies Young
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